Tipologie di rapporto di lavoro

Varie sono le modalità con cui un lavoratore può prestare la propria attività a favore di un altro soggetto; esistono anche tipologie di soggetti che, pur non avendo un rapporto lavorativo, ricevono emolumenti a vario titolo che configurano il soggetto erogante come sostituto d’imposta.

Lavoro subordinato

Il modello tipico di lavoro subordinato impartito dal Codice Civile è costituito dal lavoro a tempo pieno e indeterminato.
Schemi di lavoro flessibile vanno aggiunti in base a:

  • Durata del rapporto (lavoro a tempo determinato)
  • Riduzione della prestazione (lavoro a tempo parziale)
  • Ad altre specifiche esigenze di flessibilità (D.Lgs n.279/2003 – Legge Biagi come nel caso del contratto di apprendistato, del contratto di formazione e lavoro ora sostituito dal contratto di inserimento. Vi sono poi altre applicazioni di flessibilità: lavoro a domicilio, contratto di somministrazione, lavoro a progetto)

Contratto a tempo indeterminato

La particolarità del contratto a tempo indeterminato è che non ha alcuna scadenza, se non all’arrivo dell’età pensionabile. Può essere full time o part time e può essere interrotto per licenziamento, ad opera del datore di lavoro, o per dimissioni, dal lavoratore stesso.

Rapporti di lavoro flessibile

Contratto a tempo determinato

Le ragioni devono essere esplicitate, verificabili e sussistere al momento della stipula del contratto.
Deve essere stipulato in forma scritta (pena la nullità) e il considerare il rapporto a tempo indeterminato.
L’atto scritto non è richiesto se la durata è inferiore a 12 giorni, la proroga è ammessa 1 sola volta; la durata massima è 3 anni; vengono inoltre assunti tutti i tipi di garanzia di un qualsiasi altro lavoratore a tempo indeterminato.

Contratto a tempo parziale

  • Orizzontale: riduzione orario giornaliero (part time orizzontale)
  • Verticale: tempo pieno ma limitato a determinati periodi (part time verticale)
  • Misto Viene stipulato in forma scritta, la Legge non stabilisce durata minima e massimama lo possono fare i contratti collettivi. Il datore di lavoro può richiedere Lavoro supplementare. I contratti ne regolano il massimo ed il minimo. La forma scritta è richiesta anche per la trasformazione del rapporto da tempo pieno a tempo parziale.

Lavoro intermittente (a chiamata)

Il contratto di lavoro “a chiamata” o contratto di lavoro intermittente è una particolare tipologia di rapporto di lavoro subordinato che prevede prestazioni lavorative discontinue (o intermittenti), ma limitate ai casi previsti dalla legge oppure dalla contrattazione collettiva.

La peculiarità di questa tipologia di rapporto di lavoro è data dal fatto che le obbligazioni delle parti insorgono in caso di chiamata. La legge prevede che al contratto di lavoro intermittente si applica, per quanto sia compatibile, la normativa del lavoro subordinato, con una evidente eccezione rappresentata dall’inapplicabilità delle norme che limitano la reiterazione dei contratti a tempo determinato, prevista dal Decreto Legislativo n. 368 del 2001.

Nell’ambito del contratto a chiamata, la legge prevede la possibilità di concordare una clausola di disponibilità del lavoratore, a fronte della quale viene riconosciuta allo stesso una specifi ca indennità, a prescindere dalla effettiva prestazione lavorativa. Se viene prevista l’indennità di disponibilità, questa è pari al 20% della retribuzione prevista dal C.C.N.L. (retribuzione composta da: paga base tabellare, contingenza, EDR, ratei di mensilità aggiuntive). In caso di impossibilità a rispondere alla chiamata, il lavoratore deve informare il datore di lavoro e giustifi carne il motivo (malattia o altro evento, e durata dell’impedimento). Per tale periodo di indisponibilità l’indennità sopra indicata non matura. Il rifi uto ingiustifi cato può comportare la risoluzione del contratto di lavoro e la restituzione dell’indennità di disponibilità già percepita, o anche il risarcimento del danno in favore del datore di lavoro.

Il contratto di lavoro a chiamata deve essere stipulato in forma scritta e deve contenere i seguenti elementi:

  • durata e ipotesi che consentono la stipula del contratto;
  • luogo e modalità della disponibilità, eventualmente garantita dal lavoratore, e del relativo preavviso di chiamata del lavoratore che non può essere inferiore a un giorno lavorativo;
  • trattamento economico e normativo spettante al lavoratore e, se prevista, indennità di disponibilità;
  • indicazione di forme e modalità con cui il datore di lavoro è legittimato a richiedere l’esecuzione della prestazione, nonché modalità di rilevazione della stessa;
  • tempi e modalità di corresponsione della retribuzione e dell’indennità;
  • eventuali misure di sicurezza specifi che necessarie in relazione alla tipologia di attività dedotta in contratto.

Il contratto a chiamata è ammesso per prestazioni di carattere discontinuo e intermittente individuate dai contratti collettivi nazionali di lavoro, oppure, in assenza, per i casi individuati dal D.M. 23 ottobre 2004 (custodi, fattorini, camerieri, personale di servizio e di cucina negli alberghi, trattorie, esercizi pubblici in genere e così via). È previsto inoltre, in via sperimentale, per l’impiego di lavoratori disoccupati di età inferiore a 25 anni o di lavoratori licenziati di età superiore a 45 anni, iscritti nelle liste di mobilità o iscritti come disoccupati ai centri provinciali dell’impiego, oppure pensionati. Ipotesi di ricorso al contratto a chiamata sono rappresentate da prestazioni lavorative da rendersi durante il fi ne settimana, i periodi di ferie estive o nelle vacanze natalizie o pasquali.

Il contratto a chiamata è vietato nei seguenti casi: sostituzione di lavoratori in sciopero, unità produttive che nei sei mesi precedenti abbiano effettuato licenziamenti collettivi, unità produttive con sospensione dei rapporti o riduzione del’orario con diritto a trattamento di integrazione salariale, imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi. Il lavoratore deve essere registrato nel Libro Unico del Lavoro al momento della chiamata, ma non deve essere effettuata alcuna registrazione se non viene corrisposta la retribuzione o l’indennità di disponibilità.

I vantaggi per il datore di lavoro sono rinvenibili evidentemente nell’utilizzo del lavoratore solo se necessario, nel rispetto di una condotta che evita sanzioni. Per il lavoratore, invece, si ha la possibilità di avere più datori di lavoro, evitando collaborazioni fi ttizie o il ricorso al lavoro nero.

Lavoro a domicilio

Nell’ordinamento italiano, l’istituto del lavoro a domicilio è regolato dalla Legge 18.12.1973, n. 877 (“Nuove norme per la tutela del lavoro a domicilio”), con la quale è stata introdotta una disciplina specifica per questo tipo di rapporto di lavoro. L’art. 1 della legge ora richiamata, indica il connotato essenziale del lavoro a domicilio nell’espletamento dell’attività lavorativa presso l’abitazione del lavoratore o in un locale di cui egli abbia la disponibilità, non di diretta pertinenza del datore di lavoro.

Contratto di somministrazione

La Somministrazione di lavoro è una fattispecie complessa di rapporto di lavoro introdotta dal D. lgs. n° 276 del 2003 (legge Biagi), artt. da 20 a 28, sulla base della legge delega n° 30/2003, in sostituzione del lavoro interinale, e prevede il coinvolgimento di tre soggetti:

  • il lavoratore (somministrato);
  • l’utilizzatore, un’azienda pubblica o privata che necessita di tale figura professionale;
  • il somministratore, un’Agenzia per il lavoro autorizzata dal Ministero del Lavoro che stipula un contratto con un lavoratore.

Tra questi tre soggetti vengono stipulati due diversi contratti: il contratto di somministrazione di lavoro, concluso tra somministratore e utilizzatore, e il contratto di lavoro concluso tra somministratore e lavoratore. In ogni caso, il rapporto lavorativo instaurato è tra il lavoratore e l’Agenzia per il lavoro, che per legge dovrà retribuire il lavoratore in maniera adeguata alla tipologia di contratto dell’azienda utilizzatrice.

Nel linguaggio delle agenzie, un contratto con l’azienda committente, relativa alla somministrazione di un lavoratore, è esplicato attraverso la missione ovvero lo specifico incarico/mansione che la risorsa dovrà svolgere presso l’utilizzatrice. La Somministrazione di lavoro sostituisce il rapporto di lavoro interinale precedentemente presente nel diritto del lavoro, ed istituito dalla legge n. 196/1997, il cosiddetto pacchetto Treu.

Contratto di lavoro ripartito

Il contratto di lavoro ripartito, o job sharing, è una tipologia di contratto di lavoro con il quale due lavoratori si impegnano ad adempiere solidalmente ad un’unica e identica obbligazione lavorativa. Introdotto con la cosiddetta riforma Biagi, nell’ambito della complessiva riforma del mercato del lavoro, esso è disciplinato dal D. Lgs. n. 276/2003, art. 41 – 45.

Rapporti di lavoro con agevolazioni

Apprendistato

L’apprendistato é disciplinato da: L.25/1955, l.56/1987, D.Lgs n.267/2003 (tipologia di contratto e regolamentazione dei profili formativi da parte delle Regioni).
Tipi di Apprendistato;

  • Per espletamento del diritto-dovere di istruzione formazione (giovani adolescenti)
  • Professionalizzante (soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni)
  • Per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione (acquisizione tit. di II livello)

Esiste una disciplina comune di cui si segnala: la forma scritta del contratto con indicazione della prestazione lavorativa, del piano formativo individuale e della qualifica che verrà acquisita e che costituirà credito formativo nei percorsi di formazione-istruzione. L’apprendista potrà essere inquadrato in una categoria inferiore di 2 livelli rispetto alla qualifica da conseguire.

Contratto di Inserimento

Introdotto dal D.Lgs n.276/2003 in sostituzione del contratto di formazione e lavoro, il contratto di inserimento è diretto a realizzare, mediante un progetto individuale di adattamento delle competenze professionali del lavoratore a un determinato contesto lavorativo, l’inserimento ovvero il reinserimento nel mercato del lavoro di alcune categorie di persone:

  • Soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni
  • Disoccupati di lungadurata (>12mesi) da 29 fino a 32 anni
  • Lavoratori con più di 50 anni privi di un posto di lavoro
  • Lavoratori che non abbiano lavorato per almeno 2 anni e desiderino riprendere una attività
  • Donne di qualsiasi età residenti in aree geografiche con particolari tassi di disoccupazione
  • Persone affette da grave handicap fisico, mentale o psichico

Lavoratori con assunzioni agevolate

  • Lavoratore iscritto nelle liste di mobilità assunto a tempo indeterminato e pieno
  • Lavoratore iscritto nelle liste di mobilità assunto a tempo determinato
  • Lavoratore disoccupato da oltre 24 mesi ed iscritto nella prima classe delle liste di collocamento anche se assunto part-time
  • Lavoratore proveniente da aziende in CIGS da almeno 6 mesi e che presso di essa ha goduto dell’indennità per almeno 3 mesi anche se non consecutivi in qualità di assunto a tempo pieno e indeterminato
  • Lavoratore sospeso(zero ore) in CIGS da almeno 24 mesi assunto a tempo indeterminato

Collaborazioni

Collaborazioni coordinate e continuative o a progetto

Sono forme di collaborazione parasubordinata, che si distinguono per la prestazione dell’attività lavorativa in forma non subordinata ma neanche totalmente autonoma, bensì in forma coordinata e, spesso, inserita nell’organizzazione dell’imprenditore committente.

Sono disciplinate dal D.Lgs. n. 276/2003 (cosiddetta Legge Biagi).

Lavoro occasionale

Il lavoro occasionale è regolamentato legittimamente dall’ art. 61 del D. Lgs. 276/2003 e dall’art. 4 della legge n. 30. Il lavoro occasionale è una relazione occupazionale con il datore, senza vincoli di orario, che non può superare la durata di un mese (30 giorni); il lavoratore non dovrà altresì percepire uno stipendio annuo che vada oltre i 5.000 euro.

Rispetto al lavoro di tipo accessorio, il lavoro di questo genere prevede l’assenza di continuità e coordinamento lavorativi; non è previsto il versamento di contributi e non è indispensabile istituire la partita IVA, perché la retribuzione dipende da una ritenuta d’acconto pari al 20%.

Non è necessaria una forma scritta di contratto di lavoro occasionale.
Il datore di lavoro, per avviare un rapporto subordinato di questo tipo, non dovrà essere un imprenditore e non dovrà appartenere a istituti a scopo di lucro o ad aziende di natura familiare.

Agenti e rappresentanti

Il contratto di agenzia riceve una propria disciplina all’interno del Libro IV del Codice Civile: secondo l’art. 1742, con esso “una parte assume stabilmente l’incarico di promuovere, per conto dell’altra, verso retribuzione, la conclusione di contratti in una zona determinata”.

In questa definizione vediamo rispecchiata la caratteristica peculiare del lavoro parasubordinato, ossia la compresenza di subordinazione e autonomia. Nessun dubbio che la conclusione dei contratti sia un’attività nella quale l’agente, al pari del mandatario e del commissionario, deve godere di una certa autonomia negoziale. E, tuttavia, diversamente da questi, egli si è assunto un incarico stabile: la sua prestazione in favore del preponente – che, di norma, sarà un’impresa commerciale – fa parte di un rapporto destinato a durare. Perciò, il preponente avrà tutto l’interesse a prevedere, nel contratto, forme di controllo sull’attività dell’agente e di verifica dei risultati.

Lavoro autonomo

Il lavoro autonomo è definito dall’art. 2222 del Codice Civile, che indica quale lavoratore autonomo colui che si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente.

A differenza del lavoratore subordinato, il lavoratore autonomo assume un’obbligazione di risultato e non di mezzi: egli, cioè, non si obbliga a mettere a disposizione la propria forza lavoro per un determinato tempo, ma garantisce il raggiungimento di determinati risultati. Conseguenza di tale diversa natura è che il lavoratore autonomo svolge la propria attività con mezzi prevalentemente propri e non del committente, e con piena discrezionalità circa il tempo, il luogo e le modalità della prestazione. Non ha, dunque, vincoli di subordinazione nei confronti del committente, il quale non ha i poteri direttivi, di controllo e disciplinare tipici del datore di lavoro subordinato. In ogni caso il prestatore di lavoro autonomo può essere obbligato al rispetto dei limiti e delle condizioni contenute nel contratto.

Associazione in partecipazione

Il contratto di associazione in partecipazione rileva per il diritto del lavoro quando un soggetto (detto ‘associante’) attribuisce ad una lavoratrice o ad un lavoratore (detti ‘associati’), a fronte della loro prestazione di lavoro, una partecipazione agli utili dell’impresa.

Gli associati non sono lavoratori subordinati: infatti, anche se operano all’interno di un’organizzazione altrui (quella dell’associante), partecipano direttamente del risultato dell’impresa.

La sua disciplina è contenuta nell’art. 2549 e seguenti del codice civile.

Lavoro cooperativo

Si definiscono “soci-lavoratori” le lavoratrici e i lavoratori che rendono prestazioni di lavoro a favore di una società cooperativa di cui sono soci. I “soci-lavoratori” hanno, quindi, con la società cooperativa, un rapporto associativo (come tale di diritto commerciale), cui aggiungono contestualmente o anche successivamente, un ulteriore rapporto di lavoro.

La legge precisa che il rapporto di lavoro può essere instaurato in forma subordinata (ed è il caso di cui ci si occupa nella seguente voce) o anche in forma autonoma o in qualsiasi altra forma, ivi compresa la collaborazione coordinata e continuativa non occasionale. Sulla regolamentazione contrattuale delle collaborazioni coordinate e continuative nel lavoro cooperativo, vedi, ad esempio, [Intesa 27.06.2002 Trasporto – facchinaggio (Cooperative)].

Nel rivedere la classificazione del personale, le parti limitano la possibilità (almeno di norma) di instaurare rapporti di collaborazione coordinata e continuativa per professionalità inquadrate in livelli medio-alti (nel II, nel I e nell’area Quadri), prevedendo, inoltre, che per tali lavoratori il trattamento economico complessivo, rapportato all’effettivo impegno lavorativo, non potrà essere inferiore a quanto stabilito, in linea generale, per i lavoratori subordinati dello stesso livello.

Libera professione

Con il termine libero professionista si indica un lavoratore che, avendo una professionalità acquisita tramite percorsi di istruzione come la laurea (ad esempio consulente del lavoro, dottore commercialista, farmacista, psicologo, biologo , medico, infermiere, avvocato, geologo, tecnico della prevenzione, ingegnere, architetto, dottore agronomo e forestale, geometra, perito industriale, regista, sceneggiatore, scenografo) fornisce la stessa a vari clienti senza avere datori di lavoro.

I liberi professionisti, inoltre, possono svolgere attività denominate “protette” e per fare questo devono essere iscritti agli albi professionali quando questi esistono; se non svolgono un’attività protetta possono iscriversi ad associazioni di categoria. Quando si iscrive a un albo professionale, il libero professionista diventa professionista protetto e giuridicamente non è più un libero professionista, anche se nell’uso comune vengono spesso chiamati liberi professionisti anche Ingegneri, Architetti, Avvocati, Notai, Dottori Commercialisti o Consulenti del Lavoro iscritti ai rispettivi albi che li “proteggono”.

Il libero professionista emette fattura, denominata più spesso notula o parcella, ai propri clienti per le proprie prestazioni professionali e riceve fatture per i servizi di cui usufruisce. La remunerazione del libero professionista prende il nome di compenso od onorario ed è erogato esclusivamente da colui che riceve la prestazione professionale.

Non rapporto di lavoro

Stage

Lo stage, o tirocinio formativo e di orientamento, è un istituto che non determina l’instaurazione di un rapporto di lavoro e si concretizza in attività aventi lo scopo di “realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro e di agevolare le scelte professionali”. I tirocini formativi di orientamento sono destinati a soggetti che hanno già assolto l’obbligo scolastico.

Possono essere promossi da soggetti pubblici o a partecipazione pubblica e da soggetti privati senza scopo di lucro.

Si svolgono sulla base di apposite convenzioni stipulate tra i soggetti promotori e i datori di lavoro, pubblici e privati. Alla convenzione, che può riguardare più tirocini, deve essere allegato un progetto formativo e di orientamento per ciascun tirocinio.

La durata massima del tirocinio è collegata alle caratteristiche del giovane e al tipo di studi che ha fatto.

Lavoro accessorio

Il lavoro accessorio costituisce una tipologia di lavoro avente carattere occasionale, svolta da soggetti a rischio di esclusione sociale, o che, comunque, non siano ancora entrati nel mondo del lavoro oppure siano in procinto di uscirne.

Il lavoro accessorio può essere svolto solamente da determinate categorie di soggetti:

  • disoccupati da oltre un anno;
  • casalinghe, studenti e pensionati;
  • disabili e soggetti in comunità di recupero;
  • lavoratori extracomunitari, con regolare permesso di soggiorno, nei sei mesi successivi alla perdita del lavoro.

Per prestazioni di lavoro accessorio s’intendono attività svolte nell’ambito:

  • dei piccoli lavori domestici e assistenza domiciliare;
  • dell’insegnamento privato supplementare;
  • dei piccoli lavori di giardinaggio e di pulizia e manutenzione monumenti ed edifici;
  • della realizzazione di manifestazioni sociali, sportive, culturali o caritatevoli;
  • della collaborazione con enti pubblici e associazioni di volontariato per lo svolgimento di lavori di emergenza, come quelli dovuti a calamità o eventi naturali improvvisi, o di solidarietà;
  • dell’impresa familiare di cui all’articolo 230-bis del codice civile, limitatamente al commercio, al turismo e ai servizi;
  • di vendemmie di breve durata e a carattere saltuario, effettuate da studenti e pensionati.

Le attività sopra indicate, anche se svolte a favore di più beneficiari, non devono dare complessivamente luogo, con riferimento al medesimo committente, a compensi superiori a 5.000 euro nel corso di un anno solare.

Borse di studio

La circolare del Ministero delle Finanze n. 326 del 23 dicembre 1997 ha precisato che per la nozione di borsa di studio si deve far riferimento alle erogazioni attribuite a favore di soggetti, anche non studenti, per sostenere l’attività di studio o di ricerca scientifica, di specializzazione, ecc..

Si tratta pertanto di una classificazione del soggetto ai soli fini fiscali.

Nessuna attività lavorativa

Percettori di pensione consortile

I componenti il Consiglio, i dipendenti e gli ex dipendenti del Consorzio di Bonifica che percepiscano la pensione consortile (in virtù di un trattamento di pensione acceso prima dell’entrata in vigore della Legge 297/1982, allorchè il dipendente cessato dal servizio poteva scegliere per contratto collettivo tra l’indennità di anzianità e la pensione consortile), nonchè i loro parenti ed affini entro il quarto grado.

Visitatori

Si tratta di soggetti la cui presenza in azienda viene registrata per motivi di sicurezza interna ma che non definisce alcun rapporto ai fini delle risorse umane.

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